La Mesopotamia in mostra: un viaggio virtuale tra le collezioni di Torino e Firenze

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    Sigillo a cilindro. La scena comprende una figura stante maschile con mano destra protesa in avanti vicina a stendardo con due anelli, in basso, e due elementi globulari sovrapposti, in alto; al centro, una figura umana (?) con strane propaggini al posto delle gambe, nella posa di signore degli animali, fra un felino a sinistra e un capride (?) a destra; al di sotto, in sequenza, una linea orizzontale con ondulazione al centro, una sorta di uncino (?) e un tridente, anch’essi posti in orizzontale. 

    Il sigillo è una copia moderna di un sigillo del periodo neoassiro (fine VII-inizi VII sec.: Porada 1948, 86, tav. CVI.714) conservato nella collezione della Pierpont Morgan Library, che ha una scena simile ma con la variante di due stambecchi come animali ed una posa più realistica della figura umana al centro. La sua storia di acquisizione è curiosa: viene venduto al museo fiorentino nel 1897 dal mercante A.B. Dazzi, domiciliato a New York, che probabilmente vende il sigillo originale al Metropolitan Museum negli stessi anni, entro il 1899, quando il pezzo passa nella collezione Pierpont Morgan (Ward 1910, 210, fig. 637).

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    Frammento della parte superiore destra di una delle quattro lastre iscritte poste tra le gambe dei grandi tori alati, posizionati presso ogni porta del palazzo. L’iscrizione di tre righe sopravvive solo nella parte finale delle righe 9-11 e data al periodo compreso tra 717 e il 706 a.C., anni di costruzione della capitale del sovrano. I lati del frammento furono finemente tagliati in epoca moderna, per facilitarne il trasporto e la vendita nel mercato antiquario, assieme a molti altri esempi di iscrizioni.
    Questo frammento arrivò a Torino grazie alla donazione dell’avvocato Guadagnini nel 1856; tuttavia rimane attualmente poco chiara la circostanza precisa grazie alla quale l’avvocato entrò in possesso di tali materiali: non vi è corrispondenza, infatti, con le iscrizioni palatine copiate da Botta nel 1849.
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    Frammento di grande ortostato rinvenuto nel palazzo reale di Dūr-Šarrukin (Khorsabad) e realizzato tra il 717 e il 706 a.C., anni di costruzione della capitale di Sargon II.
    Il frammento è scolpito a rilievo e fu riprofilato sui quattro lati in epoca moderna; ugualmente anche la parte superiore della spalla, del petto e della tiara che furono levigati. Il rimaneggiamento del rilievo mirò a facilitare il suo trasporto a Torino nel 1847, grazie alla donazione Botta.
    Il sovrano ha una lunga barba organizzata in ciocche attorcigliate e terminanti in boccoli, così come i ricci dei capelli in corrispondenza della nuca. Indossa un grande orecchino cruciforme e una tiara, al di sotto della quale, in corrispondenza della fronte, si intravedono ciocche di capelli. Il copricapo interagisce, nella sua parte sommitale, con una banda aggettante orizzontale, suggerendo il posizionamento del rilievo su una facciata di corte o sala di rappresentanza. Si tratta una delle poche raffigurazioni del sovrano con tiara sopravvissute ad oggi. Verosimilmente la figura del re è ritratta in un contesto cerimoniale, mentre riceve gli omaggi dei dignitari.
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    Si tratta di un cono, o chiodo di fondazione iscritto in cuneiforme, certamente proveniente da Lagaš. Il suo testo in lingua sumerica commemora la costruzione del tempio Emuš da parte del re En-metena (2404-2375 a.C.):

    Per la dea Inanna e il dio Lugal-emuš, En-metena, signore di Lagaš, ha edificato il tempio E-muš, loro tempio amato (e) ha ordinato per loro (questo) cono di argilla.
    (È) En-metena, che ha edificato l’E-muš; il suo dio personale è Šulutul.
    Quel giorno En-metena, signore di Lagaš, e Lugal-kigine-dudu, signore di Uruk, hanno stretto (un patto di) fratellanza (tra loro)

    Si ritiene che il cono di En-metena riporti uno dei più antichi patti di alleanza della storia, fra En-metena re di Lagaš e Lugal-kigine-dudu, re di Uruk.

    Nell’archivio del museo è conservata una lettera di Doro Levi al direttore del Museo, datata 21 maggio 1930, in cui il giovane archeologo fornisce informazioni dettagliate sulla spedizione di vari oggetti a Firenze, tra cui il cono di En-metena.
    Questo importante documento dimostra che l’acquisto del cono era avvenuto presso un antiquario a Bagdad. Quindi, questo cono, insieme a tutti gli oggetti elencati nella lettera, fu spedito al Museo di Firenze.

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    Frammento di un’iscrizione celebrativa proveniente dal palazzo reale di Sargon II a Dūr-Šarrukin (Khorsabad), databile ad un periodo compreso tra 717 e il 706 a.C., anni di costruzione della sua capitale.
    Si conservano in parte sei linee di testo, mentre nella parte sommitale si vedono il resto del fregio decorativo soprastante. Secondo le copie di Botta del 1849, la lastra sarebbe la quindicesima della sala X del palazzo e in origine aveva 12 linee di testo, recanti gli Annali del sovrano, che celebra qui la fondazione della sua capitale. Il testo conservato nel frammento si riferisce a pesci, uccelli, vino di palma e miele, assieme ad altri alimenti (non presenti) che il sovrano dona al dio Assur per i festeggiamenti.
    Il frammento giunse a Torino grazie alla donazione Tecco, presumibilmente tra il 1861 e il 1867.
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    Sigillo a cilindro paleobabilonese con scena di tipico colloquio tra il "re-dio guerriero" e la dea supplicante di questo periodo.
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    Sigillo a cilindro Ur III rilavorato in età Isin-Larsa o paleobabilonese, con scena di presentazione.
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    Sigillo a cilindro di imitazione neoassira ("Drilled style") con scena di adorazione (?)
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    Transazione e agenti - Intaea ha preso da Abbasaga
  • MAT349.png

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