Si tratta di un cono, o chiodo di fondazione iscritto in cuneiforme, certamente proveniente da Lagaš. Il suo testo in lingua sumerica commemora la costruzione del tempio Emuš da parte del re En-metena (2404-2375 a.C.):
“Per la dea Inanna e il dio Lugal-emuš, En-metena, signore di Lagaš, ha edificato il tempio E-muš, loro tempio amato (e) ha ordinato per loro (questo) cono di argilla.
(È) En-metena, che ha edificato l’E-muš; il suo dio personale è Šulutul.
Quel giorno En-metena, signore di Lagaš, e Lugal-kigine-dudu, signore di Uruk, hanno stretto (un patto di) fratellanza (tra loro)”
Si ritiene che il cono di En-metena riporti uno dei più antichi patti di alleanza della storia, fra En-metena re di Lagaš e Lugal-kigine-dudu, re di Uruk.
Nell’archivio del museo è conservata una lettera di Doro Levi al direttore del Museo, datata 21 maggio 1930, in cui il giovane archeologo fornisce informazioni dettagliate sulla spedizione di vari oggetti a Firenze, tra cui il cono di En-metena.
Questo importante documento dimostra che l’acquisto del cono era avvenuto presso un antiquario a Bagdad. Quindi, questo cono, insieme a tutti gli oggetti elencati nella lettera, fu spedito al Museo di Firenze.
Sigillo a cilindro. La scena comprende una figura stante maschile con mano destra protesa in avanti vicina a stendardo con due anelli, in basso, e due elementi globulari sovrapposti, in alto; al centro, una figura umana (?) con strane propaggini al posto delle gambe, nella posa di signore degli animali, fra un felino a sinistra e un capride (?) a destra; al di sotto, in sequenza, una linea orizzontale con ondulazione al centro, una sorta di uncino (?) e un tridente, anch’essi posti in orizzontale.
Il sigillo è una copia moderna di un sigillo del periodo neoassiro (fine VII-inizi VII sec.: Porada 1948, 86, tav. CVI.714) conservato nella collezione della Pierpont Morgan Library, che ha una scena simile ma con la variante di due stambecchi come animali ed una posa più realistica della figura umana al centro. La sua storia di acquisizione è curiosa: viene venduto al museo fiorentino nel 1897 dal mercante A.B. Dazzi, domiciliato a New York, che probabilmente vende il sigillo originale al Metropolitan Museum negli stessi anni, entro il 1899, quando il pezzo passa nella collezione Pierpont Morgan (Ward 1910, 210, fig. 637).