La Mesopotamia in mostra: un viaggio virtuale tra le collezioni di Torino e Firenze

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    Tra i reperti conservati presso il Museo di Antichità di Torino, spicca un mattone d'argilla iscritto che documenta un momento straordinario della storia dell’antica Mesopotamia: la costruzione del "Palazzo senza rivali" nell’antica città di Ninive (oggi Mosul) per volere del re assiro Sennacherib.
    Sennacherib, successore di Sargon II, regnò dal 705 al 630 a.C. Fin da subito, egli mostrò la volontà di distaccarsi dalla memoria paterna, probabilmente a causa delle disgrazie che avevano colpito Sargon. Una delle prime decisioni simboliche e politiche che prese fu infatti l’abbandono della capitale fondata dal padre, per trasferire il centro del potere a Ninive.
    Ninive, destinata a diventare una delle più celebri capitali dell’impero assiro, è ricordata dalle fonti – in particolare quelle bibliche – come una città violenta e crudele. Eppure, sotto il regno di Sennacherib, divenne anche il cuore di un ambizioso progetto urbanistico e architettonico. Al centro di tale rinnovamento vi fu proprio la costruzione del nuovo palazzo reale, che il sovrano definì con orgoglio “Palazzo senza rivali”.
    Le fonti storiche e archeologiche indicano che la realizzazione del complesso richiese circa dieci anni. Seguendo l’esempio del padre nella costruzione di Dūr-Kurigalzu, Sennacherib impiegò manodopera coatta composta da prigionieri e deportati di guerra. Inoltre, tutte le province dell’impero furono chiamate a contribuire, fornendo materiali pregiati e artigiani specializzati.
    Il palazzo doveva superare in splendore ogni edificio precedente. Le sue decorazioni comprendevano metalli preziosi come oro, argento e bronzo; pietre raffinate come alabastro, corniola e breccia, provenienti dalle regioni periferiche dell’impero; avorio per le suppellettili e legni di varie essenze per ornare gli ambienti interni.
    L’ambizione di Sennacherib, però, andava ben oltre la costruzione di un edificio sontuoso. Il sovrano si impegnò in un vasto programma di modernizzazione della città di Ninive, dotandola di imponenti infrastrutture: mura difensive che racchiudevano un’area di circa 750 ettari, nuove strade, sistemi di irrigazione e un articolato sistema di drenaggio delle acque. Quest’ultimo rappresenta uno degli esempi più avanzati dell’ingegneria idraulica assira: si tratta dell’acquedotto di Jerwan, il più antico acquedotto noto.
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    Si tratta di un cono, o chiodo di fondazione iscritto in cuneiforme, certamente proveniente da Lagaš. Il suo testo in lingua sumerica commemora la costruzione del tempio Emuš da parte del re En-metena (2404-2375 a.C.):

    Per la dea Inanna e il dio Lugal-emuš, En-metena, signore di Lagaš, ha edificato il tempio E-muš, loro tempio amato (e) ha ordinato per loro (questo) cono di argilla.
    (È) En-metena, che ha edificato l’E-muš; il suo dio personale è Šulutul.
    Quel giorno En-metena, signore di Lagaš, e Lugal-kigine-dudu, signore di Uruk, hanno stretto (un patto di) fratellanza (tra loro)

    Si ritiene che il cono di En-metena riporti uno dei più antichi patti di alleanza della storia, fra En-metena re di Lagaš e Lugal-kigine-dudu, re di Uruk.

    Nell’archivio del museo è conservata una lettera di Doro Levi al direttore del Museo, datata 21 maggio 1930, in cui il giovane archeologo fornisce informazioni dettagliate sulla spedizione di vari oggetti a Firenze, tra cui il cono di En-metena.
    Questo importante documento dimostra che l’acquisto del cono era avvenuto presso un antiquario a Bagdad. Quindi, questo cono, insieme a tutti gli oggetti elencati nella lettera, fu spedito al Museo di Firenze.

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